domenica 28 aprile 2013

Due presidi Slow Food nel Chili vegetariano per l'MTC di aprile.



Nella mia dispensa ci sono ancora alcune cosette che facevano parte del mio bottino del Salone del gusto di Torino, tra le quali il  Fagiolo cosaruciaru di Scicli e il Cece nero della Murgia Carsica.


Fagiolo cosaruciaru di Scicli
Scicli,  nell'elenco dei luoghi del Patrimonio dell’Umanità dall’Unesco, una città di cui ho letto tantissimo e che mi affascina immensamente, in cima alla lista dei posti da visitare in una prossima vacanza. L'economia della provincia ragusana di cui fa parte, si fonda sull'agricoltura, con coltivazioni intensive di primizie orticole, ma anche  agrumi, olio, carrube, vino, mandorle. Sono coltivati in appezzamenti di terreni delimitati da muretti di pietre dissotterrate nei campi che formano uno spettacolo davvero unico.
Un gruppo di agricoltori ha custodito un fagiolo: il cosaruciaru (in dialetto “cosa dolce”) che si riconosce per via del suo colore bianco-panna con piccole screziature marroni intorno all'ilo. La sua coltivazione risale all'inizio del '900, quando il cosaruciaru, detto anche “casola cosaruciara”, aveva il suo peso nell'economia agricola locale. Al tempo gli era riservata un’area speciale, le cannavate, fatta di terreni alluvionali, freschi e permeabili, localizzati lungo il torrente Modica-Scicli. I coltivatori – detti ciumarari, da ciume (cioè fiume, in siciliano) - nel periodo del raccolto lo portavano in città sui carrettini e lo vendevano ai negozianti locali spuntando un buon prezzo. Allora si vendeva in grandi sacchi presenti in tutti i negozi di alimentari della città. Poi è quasi totalmente scomparso e solo alcuni affezionati contadini lo hanno coltivato nei propri orti per non perdere la possibilità di mangiarlo in una buona zuppa di verdure, o con le cotiche. Il cosaruciaru è una pianta annuale non rampicante con due cicli produttivi di cui uno primaverile – estivo, che serve a produrre seme fresco per la semina del periodo autunnale.
Nella pagina dedicata al presidio, questa, troverete tutti i riferimenti per contattare i produttori.

Cece nero della Murgia Carsica
La Murgia è un altopiano carsico di forma quadrangolare nella Puglia centrale. Ha un terreno roccioso, scarso d'acqua e fin dai tempi antichi i contadini coltivavano mandorli, ulivi e viti e piantavano legumi, cipolle, ceci e lenticchie, in particolare questo cece nerissimo e rugoso, diverso da tutte le altre varietà di cece coltivate.
Piccolo come un chicco di mais che lo ricorda nella forma, è molto gustoso e ricco di fibre e di ferro, per questo in passato era consigliato alle donne gravide. E' però un cece che con i tempi moderni è un poco in conflitto, poiché richiede tante ore di ammollo (io 24) e una cottura di almeno due ore e mezza. Ha una sapidità naturale che gli permette di essere consumato condito solo con un filo d'olio. La cucina locale lo propone in zuppa con un soffritto abbondante di cipolle o come primo piatto con tagliolini, pomodoro e un filo d'olio.
Nella pagina dedicata al presidio, questa, troverete tutti i riferimenti per contattare i produttori.





Questo mese l'Mtc mi ha messa un poco in difficoltà, a causa del tema molto piccante proposto da Anne, la vincitrice della Fideuà. Trattasi di Chili con carne.
Adoro il peperoncino. Una volta riuscivo a mangiare delle penne all'arrabbiata così piccati, che in una mano tenevo la forchetta e nell'altra un fazzoletto per asciugarmi le lacrime.. Ora, ahimè, se mangio qualcosa di piccante poi sto male per una settimana. 
Per questo motivo l'ho preparato utilizzando una dose veramente scarsa di peperoncini secchi che avevo in casa, perché a Bologna non è che ci sia un mercato così florido del peperoncino, ai quali ho unito un paio di peperoncini freschi più dolci, che ho prima passato al forno come spiegato bene da Anne.
I peperoncini secchi non so bene che qualità siano. Li ho comprati in un mercato contadino durante una piccola vacanza in Abruzzo e quando ho chiesto alla vecchietta che me li ha venduti che tipo fossero, mi ha risposto: piccante signò! 
Ho voluto fare una versione vegetariana utilizzando due prodotti del sud, per riprendere quel sapore caldo e secco che solo le nostre splendide regioni meridionali sanno dare e che ricordano un poco il caldo texano, regione d'origine di questo piatto.
L'ho accompagnato con delle cipolle bianche al cartoccio e una classica piadina romagnola. 

Non so molto del Texas, a parte un poco di geografia, il petrolio e il deserto. I film western non sono mai stati la mia passione, anche se devo dire che i film di Sergio Leone e l'ultimo di Tarantino, sono dei veri capolavori. Adoro la musica inglese e quella country l'ho seguita ben poco, anche se da ragazza mi divertivo a cantare le canzoni di Neil Young.
Insomma, non è da me che troverete racconti appassionanti su questa bellissima terra, ma tra il post di Anne, quelli pubblicati a tema sul blog dell' MTC e quelli delle ricette del chili che partecipano a questa puntata, avrete di che stupirvi ed appassionarvi al tema di questo mese.


Chili con ceci e fagioli, cipolle al cartoccio e piadina romagnola.



Ingredienti per due persone:

gr. 100 di ceci neri di Murgia
gr. 100 di fagioli d Scicli
due peperoncini piccanti secchi
due peperoncini dolci freschi
un ramentto di rosmarino
olio evo e sale di Cervia
due cipolle bianche
un pezzetto di burro
gr. 250 di farina 1
gr. 50 di strutto
acqua tiepida q.b.
un cucchiaino di sale fino di Cervia



Ammollare per un giorno intero i ceci e per qualche ora i fagioli.
Ammollare i peperoncini secchi in acqua calda per un paio d'ore, aprirli, eliminare i semi.
Prendere i peperoncini freschi e abbrustoliti in forno. Avvolgerli in un foglio di alluminio per una mezz'ora, spellarti, eliminando i semi. Frullare tutti i peperoncini insieme con l'acqua di ammollo dei peperoncini secchi.
In un tegame di coccio mettere i ceci, i fagioli, il rosmarino e la purea di peperoncino, coprire con acqua e portare a bollore.
Cuocere a bassa fiamma per almeno due ore e mezza. I ceci e i fagioli avranno assorbito tutta l'acqua. Spegnere e lasciare riposare qualche ora.

Nel frattempo pulire le cipolle, inciderle a croce, senza però aprirle, mettere sopra un pezzetto di burro, salarle e avvolgerle a cartoccio con carta stagnola. Cuocerle per un'ora circa in forno a 170° .



Preparare l'impasto per la piadina.
Nel tagliere mettere a fontana la farina con il sale, lo strutto e impastare velocemente con l'acqua tiepida necessaria. L'impasto deve risultare morbido e liscio. Avvolgere nella pellicola e mettere in frigorifero per almeno un'ora.

Scaldare il testo per la piada o una padella antiaderente senza teflon. Deve essere rovente, perché la piada cuoce subito.. Prendere l'impasto, tirare una piada sottile, metterla sul testo, un minuto per parte ed è pronta. 
Preparala proprio all'ultimo minuto perchè è buona mangiata subito.

Scaldare il chili di ceci e fagioli con un cucchiaio di olio evo e accompagnarlo con le cipolle calde fumanti e la piada bollente.


 Con questa ricetta partecipo all'MTChallenge di Aprile: 
Il Chili di Anne di FoodBlog.





lunedì 22 aprile 2013

Insalata di verdure fresche con fragole, quinoa e mandorle e una trattoria sui colli bolognesi .


Ma come è bello andare in giro per i colli bolognesi...

Monte Donato non dista tanto dal centro di Bologna. Si sale da Siepelunga, costeggiando alcune tra le più belle ville dei colli, circondate da un verde lussureggiante e dopo un paio di chilometri si arriva. E' un piccolo borghetto con poche case, una chiesetta, una trattoria e una vista mozzafiato.
La Trattoria Monte Donato un paio di secoli fa era il negozio del paese, il punto di ristoro per le gite domenicali dei bolognesi delle Due torri. All'inizio del novecento si trasforma in locanda e negli anni sessanta diventa uno dei posti più frequentati per cenare e danzare all'aperto, sotto le stelle e sopra le luci della città.
Qualche anno dopo, ne prende la gestione la signora Bruna facendone una trattoria famosa per le sue sue tagliatelle al ragù.
Negli anni novanta ha inizio la gestione attuale che ristruttura il locale e lo trasforma in una trattoria raffinata, creando un ambiente informale e confortevole, con alcuni angoli davvero romantici, come l'intima saletta al piano terra e la bellissima terrazza con vista spettacolare su Bologna, aperta per.godere la brezza nelle calde serate estive e chiusa d'inverno per non perdere la suggestiva visione dal colle.
I tavoli accolgono gli ospiti con una piccola candela accesa e il cestino del pane ricco e vario.
I sapori sono quelli rustici, di tradizione, ma con un occhio particolare alla creatività, proponendo anche qualche piatto dal tocco esotico.
Il loro must, che è anche la costante nel menù, è il pollastrello croccante, servito in un bellissimo piatto di legno d'ulivo, tagliato in piccoli pezzetti con patate arrosto, cipolle stufate, piccole zucchine e il classico pomodoro grigliato. Un piatto semplice ma cucinato alla perfezione con materie di prima scelta.
La carta dei dolci è una di quelle che mi piacciono di più, con una serie di dolci al cucchiaio deliziosi.
L'oste ti accoglie sempre sorridente e gentile e il servizio è ottimo!
Questo è uno dei miei ristoranti preferiti, ogni volta che vado ne esco sempre contenta e per di più il rapporto qualità prezzo è ottimo, particolare che di questi tempi fa la sua differenza.

L'altra sera ho preso come antipasto un'insalatina sfiziosissima, veramente azzeccata per la stagionalità degli ingredienti e per la sua leggerezza. Mi è piaciuta così tanto che non vedevo l'ora di rifarla.
Ho utilizzato gli stessi ingredienti, personalizzando la presentazione e aumentando un poco la quantità della quinoa, poiché l'ho preparata come piatto unico per pranzo.
Provare per credere, un piatto completo che nutre con leggerezza, soddisfando alche il palato.



Insalata di verdure fresche con fragole, quinoa e mandorle



Ingredienti:

insalata fresca
germogli di alfa alfa
fragole
mandorle
quinoa
olio extravergine di taggiasche
aceto balsamico di Modena
sale integrale di Cervia

La quinoa non manca mai nel mio frigorifero. Da quando ho l'abbattitore che mi permette di conservare in frigorifero gli alimenti per una settimana intera, ne cuocio sempre un quantitativo consistente in modo di averla sempre pronta all'occorrenza.
Per la cottura procedo mettendo a bollire una parte di quinoa e due di acqua, con un pizzico di sale. Per avere i chicchi più sgranati, li tosto leggermente prima di cuocerli. Il tempo di cottura è di circa 10 minuti. Scolo la quinoa dall'acqua in eccesso e da bollente la raffreddo in abbattitore a +3°. Tengo da parte la quantità che mi occorre e il resto conservo in frigorifero in un tapperwere.
I germogli di alfa alfa li coltivo in un germogliatore. Per vedere come è semplice e soddisfacente farlo, il post dove spiego il tutto è questo.
Come insalata ho utilizzato quella che da noi si chiama lollo, è tenerissima e di due colori, rossa e verde.
Le fragole le ho tagliate a dadini.
Le mandorle le ho appena tostate e pestate grossolanamente.
Ho composto il piatto in questo modo:
sul fondo del piatto ho disposto un letto di insalata. Con un coppapasta ho formato un tortino di quinoa, sul quale ho messo le fragole e le mandorle. I germogli di alfa alfa li ho disposti tutto attorno.
Ho accompagnato l'insalata con olio extravergine di taggiasche, per un sapore dolce e profumato, qualche goccia di aceto balsamico e una grattugiata di sale integrale di Cervia.



Con questo post partecipo a Salutiamoci, questo mese ospitato da Francesca di 




venerdì 19 aprile 2013

Elisir di arance.



Confermo, sono un prodotto scadente, fatto in Corea del Nord. 
Mi sono scoperta un altro piccolo acciacco, sempre strano, nulla di serio, una di quelle robe che non danno fastidio ma che quando sai di avere improvvisamente le senti.
Così ora oltre ai chili della blogger che ha smesso di fumare (connubio devastante!) che non se ne vanno neppure se digiuno una settimana e ad una serie di altre cosine, mi ritrovo due ispessimenti, uno al muscolo retto dell'occhio destro che mi  fa sembrare ciloca stile Cesara Buonamici, l'altro alla parete addominale. 
Ma che minchia sono sti ispessimenti? E perché mai ne sono diventata una produttrice? 
Un'amica mi ha detto "sono i tessuti che invecchiano". Bell'amica! Medito di incantonarla da qualche parte e utilizzare il suo corpo per fare saponette, metodo Cianciulli!
E quei canotti sotto gli occhi stile Tony Capuozzo? Va bene che avrei voluto fare la giornalista, ma da buona romagnola rendo transitivi i verbi intransitivi e viceversa e ho abbandonato presto il progetto. 
Però questo non significa che devo emularli fisicamente! 
Se tutto ciò deve accedere per una pura questione anagrafica, almeno che accada un po' alla volta, con un lasso di tempo, tra una sfiga e l'altra, lungo abbastanza da potere metabolizzare senza tanti scompensi psicologici! Eh perdindirindina!

Naturalmente, dopo uno sfogo così delirante, l'unica cosa che posso mettere oggi nel blog è un elisir profumato e inebriante, utile per far passare i cattivi pensieri e dare un po' di buon umore. 
Solo un bicchierino però, giusto per un sorriso in più.

E' un liquore davvero facile da preparare, ma rispetto ad altri dove il tempo di infusione è breve, per questo è necessario aspettare almeno tre mesi. Però non è necessario tenerlo al buio, ma si può tenere esposto su di una mensola in soggiorno o in cucina, magari vicino alla finestra dove fa un po' più fresco, perché è molto bello da vedere. 
Quando il tempo è passato è invece un sogno da bere.

Ho rubato questa ricetta dal libro di Charlotte Tween Hansen e Irene Lonne, Carlotta in Cucina, danese trapiantata in Italia dove ha aperto un bellissimo agriturismo, I due Papaveri  sulle colline modenesi.




Elisir di arance



1 litro di alcool puro a 90°
1 litro di acqua
1 chilo di zucchero bianco
1 bel pezzo di radice di zenzero fresco
2 arance non trattate
40 chiodi di garofano
6 bacche di ginepro (mia aggiunta)

Servono due vasi che abbiano una capienza di circa un chilo e mezzo e un collo grande da fare passare l'arancia.

Bollire l'acqua con lo zucchero e lo zenzero. Lasciare raffreddare. Unire l'alcool. 
Puntare l'arancia con i chiodi di garofano, divisi in egual numero per ognuna.
Mettere una arancia in ogni vaso, aggiungere 3 bacche di ginepro e la miscela sciroppo-alcool e chiudere bene.
Deve riposare almeno 3 mesi, ma se avrete la pazienza di aspettare per 5 mesi, avrete un meraviglioso liquore per le vostre serate natalizie.
Non imbottigliare, ma lasciare nel vaso, compresa l'arancia, fino a quando non sarà bevuta l'ultima goccia.

Buon fine settimana a tutti.
Sabrina





martedì 16 aprile 2013

Confettura di banana e rabarbaro.



gr. 500 di rabarbaro
gr. 400 di banana matura (peso senza la buccia)
1 limone
gr. 500 di zucchero semolato

Il sapore e il profumo di questa confettura è qualcosa di totalmente inaspettato.
Me ne parlò anni fa una amica della Cucina Italiana. Era appena tornata dalla Francia e aveva comprato un vasetto di questa marmellata decantandone le lodi.
Subito sono rimasta un po' scettica. Ma poi in realtà riflettendoci,  l'aspro del rabarbaro non può che andare a nozze con il dolce stucchevole della banana, dovevo solo capire come procedere con le proporzioni. Confesso che non ho dovuto fare tanti tentativi,  ho trovato da subito la formula giusta.
Ho proceduto in due fasi, trattando rabarbaro e banana separatamente per poi unirli solo alla fine.
Per il rabarbaro ho utilizzato il metodo Christine Ferber.
La sera ho tagliato a pezzetti il rabarbaro e li ho messi a macerare con metà dello zucchero e il succo di mezzo limone, in una ciotola di vetro ricoperta di pellicola. Ho riposto in luogo fresco, che può essere la cantina per tutta la notte. Il giorno seguente, aiutandomi con una ramina, ho separato il rabarbaro dal liquido, mettendo quest'ultimo in un tegame a fondo spesso, sul fornello a sobbollire per circa 10 minuti.
Ho poi rimesso il rabarbaro nella stessa ciotola, ho unito il suo sciroppo bollente e l'ho di nuovo coperto con la pellicola e riposto in luogo fresco a riposare.
Nel frattempo in una ciotola di vetro ho tagliato le banane a rondelle, bagnandole subito con il succo di limone, in modo che non si anneriscano, ho aggiunto lo zucchero restate, ho coperto con pellicola e messo a riposare sempre in luogo fresco.
La sera ho preso entrambe le mie frutte, le ho unite mescolandole con cura e ho messo sul fornello in un tegame a fondo spesso, tenendo bassa la fiamma. 
Ho mescolato spesso e ho avuto cura di schiumare,se necessario.
Dopo circa una mezz'ora la marmellata è pronta. 
Questa mi piace che abbia la consistenza di una vellutata, quindi mi aiuto con il minipimer per renderla uniforme, senza pezzetti di frutta in mezzo. Ma questo è il mo gusto personale.
Ho versato subito la marmellata nei vasetti sterilizzati (in questo post spiego come sterilizzarli perfettamente), ho chiuso bene e li ho capovolti su un tagliere di legno, coprendoli con un panno di lana. 
Li lascio raffreddare completamente fino al mattino successivo.
Etichetto e ripongo in una fresca dispensa.
Consiglio di aspettare almeno un mesetto prima di consumarla. Più passa il tempo più è buona.

Il formaggio stagionato ne esalta il sapore, ma anche una fetta di pane brioche tostato. Attenzione al cucchiaio: onde non incorrere nella tentazione di finire il vasetto a cucchiaiate, meglio utilizzare un coltello per spalmare. 



Questa è la mia pianta di rabarbaro che sto coltivando in vaso.
La pianta l'ho comprata in un vivaio e l'ho subito trapiantata in questo vaso utilizzando un terriccio che a mio avviso è favoloso, quello della Compo. In primavera la pianta la tengo al sole, mentre d'estate la sposto a mezz'ombra.  
E' al suo secondo anno e quando qualche settimana fa l'ho vista rispuntare, mi sono emozionata! Ho rinfrescato il terriccio, aggiungendone del nuovo, in questo modo non dovrò fare tante concimazioni.
L'anno scorso con il raccolto sono riuscita a conservare quasi un chilo di gambi di rabarbaro, quest'anno vediamo...mi sembra già a buon punto.

Buona serata a tutti.
Sabrina




venerdì 12 aprile 2013

hashtag fuorisalone milano

#milano
#fashion
#arts
#fuorisalone
#salonedelmobile
#madeinitaly
#italia
#creativitàitaliana
#designweek
#numeriuno
#fuckpolitica
#nonciaffonderete
#tantabellagente
#italianelmondo
#noncenèpernessuno
#ricordiamocelosempre
#eccellenzaitaliana
#qualitàitaliana
#orgoglioitaliano




























il mio fuori salone del mobile di milano
sabrina


lunedì 8 aprile 2013

L'oggetto dei desideri: l'abbattitore.



L'abbattitore è sempre stato per me un oggetto del desiderio di quelli però proibiti, un po' per lo spazio che nella mia cucina manca ma anche per il costo, dato che in commercio esistevano solo quelli professionali.
Poi ho conosciuto Fresco di Irinox e me ne sono subito innamorata. 
Grande come un forno a microonde e con un design accattivante ed elegante, che si integra in qualsiasi cucina, dalla più classica a quella di design, è entrato a fare parte della mia vita, prendendosi un posto importante, diventando indispensabile.
Vi spiego perchè.

Tante volte quando un nuovo elettrodomestico entra a far parte della nostra cucina,  soprattutto qualcosa che ha un'evoluzione di procedura che non conosciamo bene, ci chiediamo se questo possa migliorare il nostro modo di cucinare. 
Bene, vi garantisco che nessun'altra attrezzatura ha mai avuto un impatto così forte come l'abbattitore. 

Io amo il cibo, ma soprattutto la qualità delle materie prime e questa non è una cosa eccezionale, ma assolutamente comune a chi piace cucinare.
A tanti di noi la mancanza di tempo spesso porta a fare la spesa di corsa, a volte senza preoccuparci troppo del contenuto di quello che mettiamo nel carrello, delegando all'industria alimentare la scelta e la qualità del nostro cibo. Così, inconsapevolmente, mettiamo nei nostri frigoriferi dei veri e propri mostri: conservanti, coloranti, additivi, grassi idrogenati, aromi, che sovente restano a stagnare per lungo tempo, per poi finire nella spazzatura. Nel frattempo però, tramite la contaminazione,  hanno contribuito a procurarci una serie di problemi quali i disturbi intestinali, colesterolo, arterisclerosi e altre patologie ben più gravi.
Come ho già scritto più volte sul mio blog, già da tempo compro solo cibi freschi, di prima qualità, il più possibile da produttori locali. Per mantenere inalterati i valori nutrienti e le proprietà organolettiche, ero costretta a fare la spesa ogni giorno, sottoponendomi a corse pazzesche per riuscire a fare tutto.
L'utilizzo quotidiano di Fresco, mi da la possibilità di organizzare la mia spesa, il mio frigorifero e il mio frezeer, con la certezza di avere sempre a disposizione cibi freschi come appena comperati.
Questo è possibile grazie alla funzione del ciclo di freddo rapido, che separa il momento della cucina da quello in cui i piatti saranno gustati senza che gli alimenti degradino. 

Qualche esempio:

  • il brodo: di carne o di verdure che sia è molto delicato. Quando lo preparo non sempre lo consumo tutto subito. Lasciato a raffreddare a temperatura ambiente e poi messo in frigorifero e in surgelatore, subisce un processo di invecchiamento precoce, che va ad influire sia sul gusto che sul tempo di conservazione. Io prendo la quantità che mi serve al momento e il resto lo abbatto da bollente a + 3° se voglio conservalo in frigo, o a - 18° se voglio surgelarlo. La volta che andrò a riprenderlo, vi assicuro che il gusto sarà come quello di un brodo appena fatto.
  • il pesce: se amate i crudi non solo è indispensabile, ma obbligatorio abbatterlo a -20° e surgelarlo per 24 ore in modo da debellare la proliferazione di batteri come l'Anisakis.
  • la carne: con la funzione di surgelazione rapida, si garantisce una lunga vita alla nostra carne, ma soprattutto si mantengono intatte le proprietà. Quando andrò a scongelare la fettina o il macinato (delicatissimo!) non assumerà quel colore scuro   così poco invitante e non verserà in un lago di liquido, ma sarà rosso fiammante come appena tagliato dal macellaio.
  • la verdura e la frutta: la pulisco, la taglio e la abbatto a - 18°, ripongo nei contenitori o nei sacchetti e passo subito in freezer. Ogni singolo pezzetto resta indipendente e quando lo utilizzo ha mantenuto il colore e il sapore originale. Se invece vado a surgelare con un freezer normale, si forma un blocco unico, tenuto insieme dal ghiaccio e quando si va a scongelare oltre a perdere acqua, avrà un sapore "metallico" e un colore alterato.


Fresco oltre ad abbattere i cibi, lavorando con temperature che variano da 
- 30° a + 75° permette di avere funzioni legate sia a procedimenti freddi che caldi.

Freddo:
- abbattimento rapido della temperatura
- raffreddamento bevande
- surgelazione rapida
- scongelamento rapido

Caldo:
- cottura lenta a bassa temperatura
- lievitazione naturale
- scaldare un piatto pronto

Un po' di dati tecnici:
Fresco di Irinox è una tecnologia italiana al 100% e brevettata.
Irinox è lo specialista degli abbattitori rapidi di temperatura per il settore professionale e domestico e vende i suoi prodotti in tutto il mondo da oltre 20 anni.
Fresco è alto 400 mm, largo 564 mm e profondo 362 mm. e pesa kg. 30.
L'assorbimento totale di Fresco è di 250 watt e il consumo reale è di pochi centesimi per ciclo.
Il costo è come quello di un elettrodomestico di alta qualità.




Qualcosa ho già pubblicato nel blog, come il procedimento per fare uno yogurt buonissimo. Sia nella preparazione della fideuà che per le fette biscottate è stato un aiutante indispensabile.
Racconterò ancora tante cose, tante belle cose.

Mi auguro di avervi incuriosito un po'. 
Se volete informazioni, non esitate a scrivermi al mio indirizzo di posta maddadiproust@gmail.com 




Nel mese di aprile abbiamo una promozione molto interessante.



Vi ringrazio dell'attenzione. 
A prestissimo. 
Sabrina




sabato 6 aprile 2013

Fette biscottate all'avena con pasta madre.

Le marmellate sono la mia passione e la colazione con le fette biscottate e marmellata la giusta conseguenza.
Ora che sono diventata un poco più esperta con la panificazione con la pasta madre, ho deciso di provare a farle da sola. Pensavo fosse più complicato, ma in realtà il lavoro è stato semplice e divertente. 
La ricetta è quella di Antonella Scialdone, presa dal suo libro La Pasta Madre, che è sempre una garanzia, ho solo omesso l'orzo e sostituito parte della farina con l'avena. 
La tostatura è la parte più delicata perchè basta un attimo per passare di là e sbruciacchiare tutto il lavoro fatto.



Fette biscottate all'avena con lievito madre


400 gr di farina 0 (per me Mulino Marino)
70 gr di fiocchi d'avena
115 gr di acqua
115 gr di latte intero fresco
150 gr di lievito madre attivo
75 g rdi zucchero di canna
5 gr di sale
7 g rdi malto d’orzo
30 gr di olio extravergine
1 tuorlo d’uovo e 3 cucchiai di latte per spennellare

Prendere il lievito madre a poche ore dal rinfresco, spezzarlo in una ciotola e impastarlo con la farina setacciata e i fiocchi d'avena tritati, il malto sciolto dentro al latte, lo zucchero, l’acqua e il latte tiepido. Man mano che si impasta aggiungere l’olio poco alla volta e per ultimo il sale. L'impasto deve risultare piuttosto compatto. Metterlo in una ciotola coperta da pellicola a lievitare per circa 4 ore.

Prendere l'impasto raddoppiato di volume e dare un giro di pieghe del primo tipo e rimetterlo a riposare ancora un paio d'ore, sempre coperto con la pellicola.

Riprendere l'impasto, dividerlo a metà e formare tue rotoli che andranno poi adagiati in stampi da plum cake rivestiti di carta forno e imburrati. Coprire con pellicola e mettere a lievitare in forno con la luce accesa per circa 2 ore. L'impasto deve raddoppiare.

Accendere il forno statico a 160°, spennellare la superficie delle fette con il tuorlo sbattuto con il latte e infornare per 40 minuti fino a doratura. Sfornare e lasciare raffreddare bene i due filoni su una gratella. 
Prendere poi con un coltello per pane a sega, tagliare a fette spesse meno di 1 cm, sistemarle su carta da forno sopra la leccarda e tostare a 140° per metà tempo da un lato e metà tempo dall'altro. La ricetta dice che in totale servono 30 minuti, in realtà con il mio forno ne sono bastati circa 15. Quindi tenete sotto controllo le fette e vedrete quanto tempo serve per biscottare.
Sfornare e lasciare raffreddare. Conservarle in una scatola di latta.
Buona domenica.
Sabrina