lunedì 28 ottobre 2013

L'acqua cotta per un MTC fuori gara.



Domenica mattina.
La sequenza dei movimenti, lenti, è quasi sempre la stessa. Mi sveglio un poco più tardi rispetto agli altri giorni della settimana, caffè subito e poi di nuovo sotto le coperte a leggere con Frank in sottofondo, a guardare qualche filmetto romantico alla tv o qualche programma turistico/culinario. Intervallo il polleggio con qualche pesetto, due addominali perché la domenica ho proprio bisogno di rigenerarmi e l'attività fisica ci sta perfettamente. 
Verso le undici comincio a preparare il piccolo brunch domenicale. Di solito mi avvantaggio il sabato sera con il reparto biscotti e cake, in modo da potermi dedicare solo al salato che sono poi le uova che preparo in tutti i modi. Mi mancava alla Benedict perché sia io che il mio compagno non amiamo il tuorlo crudo. 
Però quando ho visto il tema del nuovo MTC proposto da Roberta ho pensato subito: "wow che bello! la colazione che piace a me e che mi posso permettere solo la domenica! Bene, mi sbizzarrirò."
Invece questo mese è stato un mese difficile sotto ogni punto di vista, tanti pensieri, tante preoccupazioni che mi hanno tolto tempo ed energia da dedicare al blog. Quindi mi ritrovo alla fine del tempo concesso per la preparazione della ricetta per l'Mtc, senza avere preparato nulla di presentabile. Però, non voglio lasciare la Roberta (che mi piace tanto)  senza un mio piccolo contributo, anche se fuori gara.

L'estate scorsa ho passato parte delle mie vacanze nel cuore della Maremma, ospite di un agriturismo di Alberese. Ho mangiato in maniera sublime ogni sera, scegliendo sempre i piatti della tradizione maremmana, tra i quali c'è l'Acqua cotta.
Come ogni ricetta di una volta, anche per l'Acqua cotta la storia è sempre quella: ogni famiglia ha la sua di tradizione e quindi ovunque la mangi non è mai uguale all'ultima che hai mangiato perché si fa con quello che si ha al momento. Chiedendo un po' in giro per la Maremma ho capito che la base è data dalla cipolla, il pomodoro, l'olio extravergine di quello buono e il pane. C'è chi aggiunge il sedano, le patate, il cavolo nero o la bietola, un pezzo di cotica per insaporire piuttosto che il gambuccio del profumatissimo prosciutto toscano. Si lascia cuocere lentamente per un paio d'ore e al momento di servirla si aggiunge qualche bella fetta di pane toscano e vi si cuoce dentro un freschissimo uovo di gallina appena preso.
Questi sono gli ingredienti che negli orti e nelle dispense dei nostri nonni non mancavano mai. Come non mancava mai il fuoco acceso nel grande camino della cucina e il paiolo di rame con l'acqua a bollire, pronta per ogni evenienza. 
Questa è la mia.

L'acqua cotta


Ingredienti per 4 persone:

1 grossa cipolla dorata
4 coste di sedano con le foglie
6 foglie di cavolo nero
gr. 300 di pomodori pelati
1 cucchiaio di concentrato di pomodoro
1 rametto di rosmarino, qualche foglia di salvia e qualche rametto di timo
1 spicchio d'aglio
8 fette di pane toscano 
4 uova di gallina freschissime
sale integrale e olio extravergine d'oliva toscano
parmigiano reggiano grattugiato a piacere 

Schiacciare l'aglio e metterlo a soffriggere in una pentola di coccio con quattro cucchiai di olio. Affettare la cipolla finemente, aggiungerla all'olio, salarla leggermente e farla stufare lentamente.

Lavare e asciugare il sedano e il cavolo nero. Tagliare a pezzetti piccoli e aggiungerli alla cipolla. Rimestare bene e fare insaporire le verdure per 5 minuti. Aggiungere i pomodori pelati, il concentrato e un paio di mestoli di acqua calda. Insaporire con le erbe aromatiche tritate e aggiustare di sale, se necessario. Portare a bollore, coprire con coperchio e lasciare cuocere a fuoco basso per un paio d'ore.

Per tradizione l'uovo andrebbe cotto direttamente dentro la zuppa, ma io ho voluto fare una variante e cuocerlo in camicia separatamente. Del resto ogni famiglia ha la propria ricetta e questa è la mia no? :))

Tostare le fette di pane, condite con poco sale e un giro di olio.

Mettere a bollire l'acqua con un cucchiaio di aceto di mele in una pentola larga per ospitare le quattro uova. Salarla leggermente. Rompere le uova mettendo ognuna in una tazzina separata (ho usato 4 tazzine da thè). Quando l'acqua bolle, versare delicatamente le uova, una ad una,  nell'acqua. Con l'aiuto della ramina raccogliere l'albume attorno ad ogni tuorlo, come a formare un bozzolo, sempre con molta delicatezza, facendo attenzione che il tuorlo non si rompa. Un paio di minuti e sono pronte da scolare.

Servire la zuppa sopra le fette di pane tostato, l'uovo in camicia al centro, un giro abbondante di olio extravergine e  parmigiano reggiano grattugiato a piacere.

Alla prossima.
Sabrina

mercoledì 16 ottobre 2013

Grissini di grano verna e curcuma per World Bread Day

Attenzione, Attenzione!!!
Questo post è interdetto a chi è debole di carattere e a chi cede senza ritegno alle tentazioni!
Perchè?
Il motivo è semplice: Questi grissini sono uno tira l'altro e creano dipendenza!
Lei, la spacciatrice della ricetta è la mia Silvia del cuore, la mia adorata mogliedaunavita. 
Me ne ha sempre decantato la bontà ma anche la pericolosità, soprattutto per chi come noi sta cercando di seguire una dieta povera di carboidrati.
Ma se non siete tra questi allora non perdete un minuto e fateli subito! 
Io li ho aromatizzati con la curcuma e ho ancora utilizzato la farina di grano verna che ha dato a questi grissini un sapore speciale, tipico dei grani antichi.
Un altro pregio è l'utilizzo della pasta madre non rinfrescata, quella in eccesso che altrimenti andrebbe buttata.



Ho ceduto alla voglia di prepararli perchè questi grissini non possono mancare nella Giornata Mondiale del Pane, il World Bread Day
Devono per forza contribuire ad alimentare il progetto di Zorra per questa Giornata Mondiale del Pane, che consiste di raggiungere il numero di 365 pani in un giorno, in modo da avere una ricetta per ogni giorno fino al prossimo WBD.




Grissini di grano verna e curcuma 


Ingredienti in ordine di apparizione:

250 gr di pasta madre non rinfrescata
150 gr di acqua fredda
un cucchiaino di malto d’orzo
200 gr di farina  di grano verna
150 gr di farina 0
50 gr di olio o strutto
due cucchiaini di sale 
un cucchiaio di curcuma

sciogliere la madre nell’acqua e aggiungere il malto, aggiungere la farina e la curcuma e lavorare energicamente, aggiungere olio e per ultimo il sale. 
sbattere l’impasto ottenuto molte volte sul tagliere (servirà a sfibrare la maglia glutinica).
mettere l’impasto ottenuto su un tagliere, ungerlo, cospargerlo di farina di semola e coprire a campana. 
lasciar lievitare 3 ore. poi con un staglino tagliare delle strisce di pasta e stirarle con le mani passandole in poca semola mista a curcuma.
adagiare i grissini su una teglie ricoperta di carta da forno e infornare a 180° per 15 minuti.

lunedì 14 ottobre 2013

La mia mostarda di pere cotogne.



Beh...in realtà la ricetta base è quella di mia suocera che le ho visto fare per anni.
Diventa la mia perchè ho utilizzato le pere cotogne al posto delle mele cotogne, ma anche perchè ho voluto provare a preparare questa mostarda in chiave moderna, seguendo il metodo di Christine Ferber, che amo molto.

Mia suocera la prepara con il metodo tradizionale, in quantitativi importanti, lasciando riposare la frutta solo per una notte per poi cuocerla lentamente per buona parte della giornata successiva. In questo modo la frutta si caramella e la mostarda assume un colore molto scuro, quasi nero.
E' buonissima, per carità, ha quel gusto tipico della marmellata di una volta, che però alla fine risulta tutta uguale e difficilmente si riconosce il frutto utilizzato.

Il metodo Ferber invece si basa sulla fermentazione della frutta che permette di cuocerla il giusto e in questo modo mantiene il colore della frutta stessa ma soprattutto il sapore è inequivocabilmente riconoscibile. 
Utilizzo un terzo dello zucchero rispetto ai quantitativi della Ferber e le mie confetture sono sempre perfette e si mantengono comunque nel tempo. Anzi, consumate mesi dopo sono ancora più buone. 
Il motivo è semplice, non mi stanco mai di ripeterlo ogni volta che parlo di marmellata: la frutta deve essere di primissima qualità e intonsa, senza parti deteriorate. Nel post della Confettura di fragole e rabarbaro (qui il link) ho spiegato per filo e per segno come deve essere la frutta e i quantitativi dello zucchero. Mentre per la sterilizzazione dei barattoli e l'invasamento è tutto ben spiegato nel post della Confettura di cipolle di Tropea (qui il link).

Questa mostarda si utilizza come ripieno per le raviole o per la pinza, dolce tipico delle nostre zone, ma è fantastica anche con la piada e lo squacquerone.




La mostarda di Nonna Augusta




I quantitativi che riporto di seguito si intendono per frutta già sbucciata, nel caso delle pere e mele, e tagliata.

gr. 500 di pere (o mele) cotogne
gr. 350 di mele renette e golden
gr. 400 di prugne settembrine
1 grosso limone non trattato
2 carote
1 piccola banana
gr. 600 di zucchero di canna

Mettere tutta la frutta e le carote tagliate a pezzetti in una ciotola di vetro con lo zucchero, il succo e la buccia del limone tagliata a julienne. Coprire con un foglio di carta forno o pellicola e lasciare riposare per 24 ore in luogo fresco.
Passato questo tempo con l'aiuto della schiumaiola, raccogliere la frutta e tenerla da parte. Recuperare il succo prodotto portarlo ad ebolizione in una pentola di rame per 5 minuti. Versare lo sciroppo sulla frutta che avremo riposto nella ciotola di vetro, coprire con un foglio di carta forno e lasciare riposare in luogo fresco per altre 24 ore.
Il terzo giorno con l'aiuto della schiumaiola, raccogliere la frutta e tenerla da parte. Recuperare il succo prodotto portarlo ad ebolizione in una pentola di rame per 5 minuti. Lo sciroppo si concentra quando raggiunge i 110° nel termometro.
Aggiungere la frutta, mescolare delicatamente, schiumare e proseguire la cottura a fuoco vivo.
Mantenere la cottura circa 15 minuti o per il tempo necessario per raggiungere la nappatura prevista. Mescolare frequentemente.
Con il minipimer la tritare un poco, cercando di mantenere la metà del quantitativo a pezzetti.
A cottura ultimata invasare, chiudere e rigirare per creare il sottovuoto.


Ingredienti per la piadina :

gr. 500 di farina 0
gr. 250 di latte tiepido
gr. 40 di strutto
1 cucchiaino raso di bicarbonato
1 cucchiaino di sale

Mettere nel tagliere la farina setacciata con il bicarbonato e il sale, unire lo strutto, impastare con il latte caldo.
Lasciare riposare per almeno una mezz'ora a temperatura ambiente, coperta da pellicola.
Scaldare la padella antiaderente, meglio se di pietra, formare delle palline di circa un etto, tirarle tonde e di spessore mezzo centimetro. Cuocerle subito, avendo cura di girarle frequentemente.
Farcirle con lo squacquerone e la mostarda.


venerdì 4 ottobre 2013

ProgettoMondo Mlal 2013 : i cereali

"Il primo giorno di scuola della prima elementare lo ricordo come un incubo.
Mia madre il giorno prima mi ha portato dalla parrucchiera a tagliare a maschio i miei lunghi capelli che adoravo e che portavo da sempre, perché dice che non è possibile andare a scuola con i capelli che volano sugli occhi.
Mi ha anche dotata di una cartella di pelle stampata, che era stata di un mio cugino, anche quella molto maschile in stile azzeccagarbugli (non la potevo vedere, mentre ora mi piacerebbe da morire!).
Scarpe nere in pelle lucida con frappe, calzettoni bianchi come il grembiule con colletto all'uncinetto e via che si parte, con tappa obbligata al negozio dello zio fotografo per la foto ricordo.

Il piazzale della scuola è invaso da primini e parenti vari, sono tantissimi.
Mi guardo intorno e non conosco nessuno.
Nessuno ha una cartella dell'epoca di Garibaldi come la mia.
Vedo solo bambine con i capelli lunghi, spazzolati bene e raccolti in code, codini, treccine, piccoli chignon e io guardo mia madre con odio feroce.
Vedo solo bambine di altezza normale, mentre io mangio a tutte i maccheroni sulla testa, svettando di una spanna. Cerco di stare un poco gobba per sembrare più bassa.
Il Direttore comincia a chiamare i bambini e a formare così le classi per sezione...a, b, c, d, e, f, g, h...e ancora il mio nome non si sente.. i, l, m...e si ferma. Nel piazzale ci sono oramai solo una trentina di bambini e il Direttore comunica che non ci sono più aule disponibili. Quindi questi trenta, me compresa, saranno distaccati presso la canonica della parrocchia e si chiameranno sezione 'a distaccata'.
Sono basita, mi sento smarrita e molto sfigata.
Di positivo c'è che il cortile della chiesa confina con il cortile di casa mia. Dalla finestra dell'aula riesco ad intravedere la finestra della cucina di casa dei miei e questo mi rassicura un poco.
Entriamo in aula e chiaramente la maestra mi assegna un posto dietro, tra i compagni maschi più alti. Isorio è il mio compagno di banco, alto e secco come me. Sguardo feroce quando mi sembra di cogliere risatine di scherno da parte delle compagne davanti.
Voglio scappare! Mamma, mammina dove sei? Voglio tornare a casa!
Nei giorni seguenti devo combattere con un altro dramma, la noia, la noia bestiale.
(Non ho detto che ho cominciato le elementari sapendo leggere e scrivere perfettamente e anche con le tabelline andavo forte.) E qui però arriva la mia rivincita. Mentre i miei compagni combattono contro paginate di a e i o u, la maestra mi manda in giro per la canonica a svolgere improbabili commissioni, pur di tenermi impegnata e mi prende come esempio ogni qual volta qualcuno di loro sbaglia una virgola.
Della serie, finché c'è vita c'è speranza."

Mentre pensavo a cosa preparare per il  ProgettoMondo Mlal  mi è tornato alla mente il mio primo giorno di scuola con i suoi patemi d'animo. Ho pensato a quanto siamo fortunati, noi, a vivere in una società che ci permette di studiare, di curarci, di lavarci, di nutrirci e di vivere in modo consapevole se solo lo vogliamo.
L'anno scorso siamo partiti dal pane,  l'elemento primario per la nutrizione, raggiungendo  un grande risultato   che ci ha riempito di orgoglio. Quest'anno abbiamo voluto andare ancora più a fondo, alle origini e abbiamo scelto i cereali.


La campagna è sempre la stessa,  il Progetto continua e va alimentato sempre. Per chi non la conoscesse la campagna Io non mangio da solo è un’insieme di progetti volti ad assicurare un’alimentazione adeguata al neonato e alla sua mamma, a promuovere la distribuzione di almeno un pasto al giorno nelle scuole per centinaia di comunità di America Latina a Africa, sostenere programmi di sicurezza alimentare, di accesso all’acqua potabile e di gestione delle risorse naturali.

A promuovere la campagna è Virginia del blog Lo Spilucchino, giovane mamma attenta e consapevole.

Il mio è un contributo dolce e ho scelto l'unico ingrediente che non è un vero cereale ma che soprattutto negli ultimi tempi è entrato in modo molto importante a fare parte della mia cucina, l'amaranto.
Insieme alla quinoa è il vegetale-cereale più antico dell'umanità, per questo motivo viene anche chiamato il cibo degli dei. A livello nutrizionale è ricco di proteine ad alto valore biologico, come la lisina, un amminoacido essenziale del quale i cereali sono piuttosto carenti. Contiene inoltre calcio, fosforo, ferro, magnesio e un buon quantitativo di fibre, che lo rende un alimento amico dell'intestino.
Privo di glutine, diventa protagonista nelle diete di chi è affetto da celiachia.
Una volta cotto l'amaranto assume una consistenza gelatinosa, tipo la tapioca. Prima si lava bene dalle impurità, poi si cuoce in tre parti di acqua con una presa di sale integrale, magari assieme ad un pezzetto di alga kombu. Si lascia bollire per 30 minuti e si lascia poi raffreddare coperto in modo che i chicchi si gonfino.
I chicchi possono anche essere tostati crudi con un filo d'olio e utilizzati come ingredienti per il muesli, per il loro sapore dolciastro che ricorda un po' la nocciola.
C'è anche una farina di amaranto che si può utilizzare preferibilmente spezzata con farina di farro o di frumento.


Tortino di amaranto al cioccolato e pere profumate alla cannella.




Ingredienti per 4 persone:

gr. 120 di amaranto
1 cucchiaio di olio extravergine
gr. 200 di latte d'avena + 2 cucchiai
gr. 30 di mandorle tritate finemente
gr. 40 di zucchero muscovado
gr. 60 di buon cioccolato fondente 65%
gr. 20 di fecola
gr. 10 di cacao amaro in polvere
cannella in polvere
2 pere non troppo mature
1 cucchiaio di zucchero di canna
rum



Tostare in una padella antiaderente l'amaranto con un cucchiaio di olio extravergine.
In un pentolino, scaldare 200 g di latte d'avena con lo zucchero, aggiungere l'amaranto e mescolare bene. Unire le mandorle e il cioccolato fondente spezzettato, mescolando fino a che si sarà sciolto. Unire il cacao, cannella a piacere e mescolare per farlo amalgamare bene. Miscelate la fecola con due cucchiai di latte d'avena e amalgamarla bene al composto. Mettere l'impasto sul fuoco e rimescolare sempre fino quasi a bollore.
Dividere il composto in bicchierini e raffreddare in frigo.
Al momento di servire, tagliare le pere a dadini, e saltarle velocemente in padella con un cucchiaio di zucchero di canna e la cannella a piacere. Sfumare con il rum.
Aggiungere la dadolata di pere ad ogni bicchierino, guarnire con pezzetti di cannella e schegge di cioccolato.