Il Santerno, il nostro fiume e la sua vallata che si estende fino alla Toscana, per noi imolesi è l'ombelico del mondo. Lo amiamo in modo viscerale, lo preferiamo al mare e ne conosciamo i punti più nascosti e suggestivi dove andare d'estate a fare bagni rigeneranti.
Conosciamo ogni osteria e chiosco di piadina che albergano lungo la Montanara, la statale che affianca il fiume. Sappiamo dove sono le aziende agricole che coltivano i nostri migliori prodotti locali.
Conosciamo ogni osteria e chiosco di piadina che albergano lungo la Montanara, la statale che affianca il fiume. Sappiamo dove sono le aziende agricole che coltivano i nostri migliori prodotti locali.
Partecipiamo con entusiasmo a tutte le iniziative che da anni promuovono la nostra tanto amata Vallata del Santerno e i suoi prodotti, come la polenta di Tossignano, la pié fritta di Fontanelice e il marrone di Castel del Rio, eccellenze diventate famose in tutta Italia.
Ho vissuto per 16 anni a Fontanelice, uno dei paesi della vallata e un pezzetto del mio cuore è rimasto li.
Ho vissuto per 16 anni a Fontanelice, uno dei paesi della vallata e un pezzetto del mio cuore è rimasto li.
Oggi voglio proporre due ricette tipiche del territorio imolese e della sua vallata, due antiche ricette che in comune hanno lo stesso ripieno ma che in realtà una è un primo piatto e l'altro un dolce: I Capaltéz e I Ranocchi fritti.
Componente principale del ripieno di questi due piatti è il marrone di Castel del Rio.
Cos'è il Marrone di Castel del Rio?
Nel 1559 la Valle del Santerno offrì in dono al Governatore di Romagna "dodici paia di capponi, cento libbre di formaggio Marzola, cento pomi da Rosa dette mele paradise, quaranta tordi, due lepri e sei corbe di Marroni".
Tra i più prelibati frutti di questa terra, non potevano mancare i marroni.
Tra i più prelibati frutti di questa terra, non potevano mancare i marroni.
Fin dal medioevo queste delizie delle tavole aristocratiche rappresentarono la base dell'alimentazione delle genti montane. Intorno all'anno 1000, sugli Appennini, i castagneti da frutto presero il posto dei boschi di querce e i castagni divennero una risorsa fondamentale, vere e proprie piante di civiltà. Tanto è vero che il castagno era chiamato, dalle popolazioni montanare, l'albero del pane.
La Valle del Santerno conserva come un prezioso tesoro, le antiche selve di grandi castagni. Ettari ed ettari di questi alberi maestosi, pieni di storia, con un sottobosco ricco di felci, hellerborum, primule, funghi e tartufi.
E' da questa pianta che nasce il prelibato marrone di Castel del Rio.
I marroni sono ben diversi dalle più comuni castagne.
I marroni sono ben diversi dalle più comuni castagne.
In primo luogo, il marrone si distingue per il gusto: più dolce e profumato, racchiude ed esalta gli aromi e i sapori del bosco.
Inoltre il marrone ha una pezzatura maggiore rispetto alla castagna, tanto è vero che un riccio racchiude al massimo 2 o 3 frutti.
Ultima delle sue qualità, il marrone è protetto da una buccia bruna e da una sottile pellicina che possono essere asportate con estrema facilità, operazione quasi impossibile con le castagne.
La squisitezza e la naturalità di questo prodotto fanno dei marroni l'ingrediente principe di numerose preparazioni culinarie che, in autunno, trionfano sulle tavole dei gourmets.
A tutela di questo autentico patrimonio gastronomico i castanicoltori di Castel del Rio si sono riuniti in un Consorzio e hanno ottenuto il riconoscimento europeo di Indicazione Geografica Protetta.
L'I.G.P. assicura la qualità e la genuinità dei marroni di Castel del Rio e ne accompagna la vendita in Italia e all'estero.
Nella coltivazione dei marroni, infatti, non si ricorre ad alcuna sostanza chimica.
Le piante si nutrono esclusivamente di quello che la terra offre loro spontaneamente, senza concimi o trattamenti antiparassitari. Questa prelibatezza gastronomica è un dono tutto naturale del sole e della terra, prodotta nel massimo rispetto della salute e del'ambiente.
La qualità superiore di questo frutto ne facilita anche la conservazione e nel medio evo era diventato una pregiata merce di scambio, tanto da essere molto ambito anche a Parigi e al Cairo.
Come fare a conservarli?
Dopo la raccolta si selezionano solo i frutti sani e si mettono a bagno in acqua per circa otto giorni, in modo da provocare una leggera fermentazione. Si fanno poi asciugare in locali ben aerati e si conservano in sacchetti di yuta.
Tipico primo piatto di magro della Vigilia di Natale, nato nell'epoca rinascimentale ma ancora preparato soprattutto nei paesi di montagna della Vallata del Santerno.
Nella foto sotto si vede la mia tavola apparecchiata con il piatto dei salumi che non è certo di magro, ma quella è la tavola si sabato sera scorsa! :))
Viene preparato con la spoja matta, chiamata così perché la sfoglia da noi si fa categoricamente di sole uova e farina, mentre questa è impastata prevalentemente con l'acqua, quindi matta (finta).
Va condito con olio extravergine e abbondante pepe per smorzarne la dolcezza dell'impasto.
I Capaltéz
Nella foto sotto si vede la mia tavola apparecchiata con il piatto dei salumi che non è certo di magro, ma quella è la tavola si sabato sera scorsa! :))
Viene preparato con la spoja matta, chiamata così perché la sfoglia da noi si fa categoricamente di sole uova e farina, mentre questa è impastata prevalentemente con l'acqua, quindi matta (finta).
Va condito con olio extravergine e abbondante pepe per smorzarne la dolcezza dell'impasto.
600 g di farina 0
1 uovo
acqua quanto basta per impastare
Ingredienti per il ripieno
1 kg di marroni
200 g di marmellata tipo mostarda bolognese
100-150 g di noci tritate
100 g di cacao zuccherato
1 bicchierino di rhum (io saba)
2 cucchiai colmi di zucchero a velo
Impastate bene la farina di grano con l'uvo e acqua necessaria per ottenere un impasto morbido ed elastico. Lasciate riposare per mezz'ora.
Tirate una sfoglia sottile e tagliate dei quadrati di circa 5 cm di lato o dei tondi di circa 10 cm di diametro.
Preparate poi l'impasto per il ripieno: lessate i marroni, sbucciateli e passateli al passaverdure; aggiungete rhum, zucchero a velo, noci tritate molto finemente, cacao e mostrarda (io ho utilizzato la mia home made,di cui trovate la ricetta qui).
Amalgamate il tutto e mettetene delle dosi a piacere in ogni quadrato di sfoglia.
Chiudete la sfoglia alla maniera dei cappelletti.
Condite con olio extravergine di Brisighella e abbondante pepe macinato.
I Ranocchi fritti
I ranocchi fritti sono una ricetta di mia nonna Stellina e devo dire la verità non li ho mai mangiati da nessuna parte se non nella mia famiglia. La mia nonna non c'è più da quarantanni e quindi ho chiesto alle mie zie notizie delle origini di questo piatto, ma ahimè nessuna di loro mi ha saputo aiutare.
In ogni caso è un dolce fantastico perché viene preparato con la sfoglia per le sfrappole e viene poi condito con rosolio e zucchero. Una goduria allo stato puro! Provarli per credere.
Per spiegare come si compone il ranocchio ho girato con il telefonino un video da sola...abbiate pietà...:))
Ingredienti per circa 30 ranocchi:
Per la pasta:
150 gr di farina di farro (enkir mulino marino)
100 gr di farina 0
1 uovo
1 cucchiaio di zucchero di canna
1 cucchiaio di liquore all'arancio
50 gr di burro
succo di mele bio
scorza grattugiata di mezzo limone
300 gr di marroni
60 g di marmellata tipo mostarda bolognese
50 g di noci tritate
30 g di cacao zuccherato
1 bicchierino di rhum (io saba)
1 cucchiai di zucchero a velo
Preparazione della pasta.
In una terrina sbattere l'uovo, con lo zucchero, il liquore, la scorza del limone e il burro fuso.
Come liquore ho utilizzato il mio profumatissimo elisir di arance (ricetta qui).
Setacciare insieme le due farine e incorporarle ai liquidi un poco alla volta. Aggiungere succo di mele quanto basta per ottenere un impasto liscio.
Formare una palla, coprirla con una tazza e lasciare riposare una mezz'ora.
Preparare i ranocchi in questo modo:
Friggerli in abbondante olio di semi bollente.
Asciugarli bene su una gratella e condirli con una sprizzata di rosolio e poco zucchero di canna.
Il rosolio lo trovate qui.
Queste ricette partecipano all'MTChallenge di Novembre, che ha come tema Le Castagne proposto da quella deliziosa fresca sposina un po' retrò di Pici e Castagne.
E per finire l'ode alla castagna, poesia imparata a memoria dal mio nipotino Pietro, dove ha meritato il supervoto Bravissimo!
La Castagna.
C'è un frutto rotondetto,
di farina ne ha un sacchetto:
se lo mangi non si lagna, questo frutto è la castagna.
La castagna in acqua cotta
prende il nome di ballotta.
Arrostita e profumata
prende il nome di bruciata.
Se la macino è farina,
dolce, fina e leggerina.
Se la impasto che ne faccio?
Un fragrante castagnaccio!
Quando ho letto ranocchi, ho pensato subito a un piatto con le rane....sbagliavo di grosso! Sono rimasta sorpresa come, ancora una volta, i dolci del nostro passato siano rimasti un pilastro della cucina "veloce e frettolosa" dei giorni nostri
RispondiEliminaComplimenti
Ciao
Isabel
Devono essere una pazzia di golosità! Bravissima Sabr!
RispondiEliminaE un bravo anche a Pietro, però!
Baci
Dani
quando ho letto dei ranocchi ho avuto un sussulto. la mia mente perversa credeva che tu avessi farcito delle rane con le castagne. per dire...... sono cotta.
RispondiEliminainvece no!!!! sono dei bocconcini golosissimi!!!!
e anche il primo piatto mi piace assai. il ripieno dolciastro ed il condimento sapido mi ricorda altri tortelli 8ma molto più semplici) che mangio in Sardegna, e che mi piacciono molto nel contrasto..
non poteviche concludere il post con una poesia di una bellezza disarmante : ))
un abbraccio grande grande a te ed un bacio a Pietro! : ))
Solo tu Sabry, solo tu!!!
RispondiEliminaIl recupero delle ricette della tradizione reinterpretate nella tua personalissima maniera, l'amore viscerale per la tua terra e le tue radici, il ricordo di Nonna Stellina... e pure il video girato col cellulare!!!! :-D
Je t'adore, ça va sans dire, ed entrambe le ricette mi hanno fatta innamorare!!!!
Un bacione!
Sono arrivato qui proprio incuriosito dai ranocchi! Per un momento ho temuto ed ero curioso di vedere come li avessi fatti con le castagne. Poi, una volta qui, mi sono ripreso e ho capito che c'era il trucco. Bello anche il video, chiarissimo, ed in effetti nella forma ricordano proprio un ranocchio. Due ricette splendide, da una terra bellissima.
RispondiEliminaFabio
Che leccornia...Sinceramente anche io pensavo, che i ranocchi fossero le rane, per questo inizialmente sono passata oltre, ma poi per curiosità sono andata a leggere e ho visto che si tratta di un ottimo dolce. Mi ricorda le chiacchiere di Carnevale dalla foto, ma il sapore, visti gli ingredienti, sarà sicuramente diverso....
RispondiEliminaciao
RispondiEliminaio sono stefano. sono atterrato qui cercando in rete informazioni sui capaltaz. complimenti: post molto bello. chissà come tua nonna sia arrivata a questi ranocchi dolci fritti... invenzione personale sulla suggestione magari delle raviole ai marroni.. dolce ora totalmente caduto nel dimenticatoio..? bello. molto bello il tutto. ciao, stefano
Grazie di cuore Stefano, sono felice che ti siano piaciuti.
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